sabato , 20 Aprile 2024
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Genitori, figli, mogli, mariti, amici… caregiver: quelli che aiutano tra mille peripezie

Un nome non proprio simpaticissimo: caregiver informale.

Dietro questa espressione che sembra così distante si nasconde invece una figura molto comune: letteralmente “colui che si prende cura”, ossia una persona che assiste: il proprio coniuge, il proprio genitore, o un qualsiasi altro parente o amico, quando questa persona terza abbia particolari esigenze di assistenza dovute a salute, disabilità o malattia cronica.

Un esempio?

Un figlio che abbia un genitore afflitto da un tumore e necessiti di attenzioni e assistenza costante, tanto per citare uno dei mille frangenti possibili.

Con l’attuale emergenza epidemiologica e la necessità di proteggere le persone assistite da un ipotetico contagio, la vita dei caregiver è indubbiamente peggiorata. Maggiore attenzione, maggiori precauzioni e tante più difficoltà.

A tal proposito vi sottoponiamo questo stralcio tratto dal Corriere della Sera (clicca qui per leggere la versione integrale).

Sono la mamma di un ragazzo disabile che frequenta un corso regionale, attualmente online e che quindi è a casa tutto il giorno; sono la moglie di un uomo gravemente malato da anni, riconosciuto persona disabile in stato di gravità e soprattutto immunodepresso; sono una lavoratrice a cui non viene concesso lo smart working. Da oltre 7 mesi non sto lavorando per accudire i miei familiari e per non metterli a rischio. La mia situazione è uguale a quella di tanti altri caregivers che quotidianamente si fanno carico dei propri familiari disabili o malati, ma di noi in questa seconda fase di coronavirus non si parla più. Chiedo ai politici di ricordarsi di noi. La decisione di marzo scorso di aumentare i giorni di permesso lavorativo (L. 104/92), sebbene non abbia risolto le nostre difficoltà, è comunque stata di grande aiuto. Aiutateci ancora.

I caregiver informali sono in qualche modo le “vittime nascoste” delle situazioni in cui ci sono persone con bisogni specifici.

Assistere una persona cara, specie se affetta da malattia, significa affrontare i suoi cambiamenti, che siano solo di salute o anche comportamentali e/o cognitivi. Non di rado i caregiver si trovano a dover sperimentare ansia, frustrazione, preoccupazione, tristezza, senso di impotenza, a cui si aggiungono le difficoltà che questo 2020 può aver portato nel coordinamento familiare (specie per chi ha figli alle prese con la dad o per chi sta sperimentando forme complete o parziali di smart working) o nel rapporto con la dimensione sanitaria.

Lungo tutto il percorso di assistenza, specie a fronte di un assistito afflitto da malattia, si possono provare nei confronti del proprio caro emozioni diverse, anche tra loro contrastanti, a volte contraddittorie o conflittuali: tenerezza, amore, compassione e allo stesso tempo rabbia, irritazione, stanchezza, senso di colpa, disperazione.

Cambiano i ruoli, le relazioni, le modalità di avvicinarsi alla persona cara.

In questo 2020 così particolare e difficile, ricordiamoci anche di chi è costretto a fare sforzi grandi nella vita, nelle abitudini, nel lavoro, nella socialità, per permettere a chi assiste di continuare ad avere cure quotidiane.

Non dimentichiamoci di chi in genere viene dimenticato.

 Autopiù


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